A distanza di qualche settimana dall’inizio dell’emergenza coronavirus è possibile iniziare a fare un primo bilancio, seppur provvisorio, delle varie iniziative messe in campo. Un modo anche per cominciare a progettare e sviluppare iniziative per quella che comunemente viene chiamata Fase Due. Tra le associazioni in prima linea e che maggiormente stanno toccando il disagio provocato dalla pandemia da coronavirus ci sono quelle che si occupano di assistenza psicologica. Seppure con delle differenze, è comune da parte di queste associazioni la richiesta di una costituzione di una rete psicosociale per cercare di intercettare esigenze e bisogni del maggior numero di cittadini.
Sicuramente uno dei più attivi e propositivi sul tema è il presidente dell’Associazione linea menti, Michele Abbruscato: “Con il passare dei giorni le telefonate aumentano e con queste anche il disagio che percepiamo. I numeri sono elevati e sono destinati inevitabilmente ad aumentare per cui sarà sempre più evidente come una singola associazione non potrà essere in grado di fare fronte da sola a questa emergenza”. La proposta di cui si fa in qualche modo promotore Abbruscato è quella di centralizzare e quindi semplificare l’iter per il cittadino: “Facendo riferimento anche alla direttiva del 13 giugno del 2006, quella dei “Criteri di massima sugli interventi psicosociali nelle catastrofi”, potrebbe essere davvero utile in questo momento costituire la figura di un coordinatore unico degli aiuti psicosociali. Due i compiti principali che avrebbe: coordinare le varie realtà di volontariato e creare un unico numero telefonico a cui i cittadini si possono rivolgere nel momento del bisogno. Che senso ha avere quattro numeri diversi? Ma soprattutto, come fa il cittadino a capire quale sia quello più adatto a lui? Creare un solo numero di telefono a cui rivolgersi permette ovviamente una suddivisione del carico di “lavoro” tra tutte le associazioni, anche in base alle diverse competenze di ognuna”.
Sempre Abbruscato continua: “Non possiamo permetterci di trascurare l’aspetto della salute mentale, ancor più che questo virus ha tutte le caratteristiche dell’agente in grado di favorire l’ansia anche nei soggetti “sani”: è invisibile, sconosciuto e porta a distanziarti dagli altri cambiando le tue abitudini. Non esagero quando dico che è la prima emergenza della storia moderna con questo tipo di caratteristiche; in guerra almeno il nemico era visibile. Ci sono tutte le condizioni che questa ansia possa raggiungere forme patologiche importanti. È bene quindi prevenire ora, piuttosto che curare dopo. È fondamentale quindi che tutti gli psicologici con ruoli e funzioni diverse collaborino per prevenire e contenere”.
Anche Leopoldo Grosso, presidente onorario del Gruppo Abele, è d’accordo sulla necessità di un unico numero telefonico a livello regionale: “Sarebbe qualcosa che faciliterebbe di molto la richiesta e poi ben pubblicizzato diventerebbe anche di più immediato accesso. Ci sono in questo momento tante e lodevoli iniziative in campo, ma agire in maniera sparpagliata rischia di generare un effetto di frammentazione che sicuramente non aiuta chi sta male e non è nemmeno nelle migliori condizioni per cercare quale numero di telefono sia effettivamente più adatto al suo problema. Un unico numero di telefono permetterebbe una maggiore razionalizzazione e ottimizzazione delle forze”. Grosso poi indica quali sono a suo dire i grandi temi che lascia sul campo il coronavirus e su cui necessariamente si dovrà lavorare: ansia e lutto. Così il presidente onorario del Gruppo Abele: “È diffusa l’ansia per la diffusione dell’epidemia con tutti i timori legati alla possibilità di essere contagiati e poi c’è la depressione di tutte quelle persone che hanno avuto dei lutti e non hanno avuto la possibilità di elaborarli con l’aiuto delle tipiche ritualità. Quest’ultimo aspetto non è secondario perché davvero interviene in maniera importante sui normali processi di elaborazione”.
Anche Maria Teresa Fenoglio, Psicologi per i Popoli, chiede una maggiore collaborazione tra le associazioni, andando però oltre: “Non sono favorevole ora alla costituzione di un coordinamento e di un numero telefonico regionale unico, ma è comunque necessario che le diverse associazioni si parlino tra loro e che ci sia uno scambio proficuo di informazioni. Ci deve essere un coordinamento tra di loro, ma sono convinta che ognuna è bene che gestisca i propri volontari, anche perché in campo ci sono professionalità diverse. Non tutti gli psicologi lavorano nella stessa maniera”. La Fenoglio avanza in realtà un’altra proposta: “Noi ci dobbiamo preoccupare del futuro e delle ripercussioni che si faranno presto sentire anche per lungo tempo. Per questo penso che sia più utile cominciare a mettere a punto un sistema di raccolta dati il più coerente possibile per la costituzione di una vera e propria piattaforma che faciliti alle nostre associazioni il difficile lavoro che ci aspetta nei prossimi mesi”.
Associazione linea-menti