Tra le più diffuse convinzioni dei nostri tempi, va certamente inclusa l’opinione secondo cui lo psicologo, o lo psicoterapeuta, vada consultato esclusivamente in caso di malesseri, disturbi o disagi della nostra psiche. Ansia, depressione, fobie, sono i motivi più ricorrenti che ci spingono – spesso non senza una certa reticenza o vergogna iniziale – a sdraiarci sul lettino dello psicologo, con la speranza che possa “guarirci” da quei disturbi. Questa visione della figura dello psicologo, sebbene legittima, è estremamente riduttiva. Essa deriva dalla nostra abitudine a considerare scientificamente valide soltanto le scienze naturali, come la fisica, la chimica, la biologia, ecc. Nel caso specifico dell’individuo, la disciplina di riferimento è senza dubbio la medicina. Così, se ho male a un arto mi rivolgo a un buon ortopedico, se ho mal di denti vado dal dentista e così via. E se soffro d’ansia o di paura di volare? Normalmente, dopo aver consultato (invano) Google, qualche forum in rete e magari anche un paio di maghi, mi rivolgo allo psicologo. Comunemente, dunque, lo psicologo è considerato un “medico della psiche”. Farà una diagnosi sulla base dei sintomi che gli riferirò e procederà poi con la psicoterapia. E speriamo che funzioni. Ma davvero la psicologia può essere ridotta a questo ruolo? Non è il caso di scomodare i nomi di Freud, Jung o Lacan per accorgersi che, ben prima della funzione terapeutica, l’esercizio della psicologia come scienza umana ha la possibilità di comprendere e cambiare le nostre vite. A patto però che non venga semplicemente intesa come attività terapeutica rivolta a pazienti, ma venga praticata costantemente – anche in assenza di disturbi specifici, per mantenere in buona salute la nostra psiche e prevenire così eventuali disturbi – come un esercizio (meglio se guidato dallo psicologo stesso) di riflessione per comprendere e cambiare se stessi. In quest’ottica, la psicoterapia diventa così solo una delle funzioni di quella che, già negli anni Settanta del secolo scorso, F. Colafelice chiamava ortopsicologia, cioè una psicologia correttamente esercitata nel suo senso più ampio, non come “gemella povera” della medicina, ma come scienza umana autonoma. In sintesi, la psicologia non è fatta soltanto da terapie, ma è una pratica, un “esercizio spirituale” in grado di cambiare le nostre vite. Non c’è psicologia autentica che non produca effetti, che generi cioè cambiamenti nell’individuo che la pratica. Giova ricordare le parole che Georges Friedmann scrive nel 1942: «Fare il proprio volo ogni giorno! Almeno un momento che può essere breve, purché sia intenso. Ogni giorno un “esercizio spirituale”, da solo o in compagnia di una persona che vuole parimenti migliorare. Esercizi spirituali. Uscire dalla durata. Sforzarsi di spogliarsi delle proprie passioni, delle vanità, del desiderio di rumore intorno al proprio nome (che di tanto in tanto prude come un male cronico). Fuggire la maldicenza. Deporre la pietà e l’odio. Amare tutti gli uomini liberi. Eternarsi superandosi. Questo sforzo su di sé è necessario, questa ambizione giusta.» Insieme alle analisi del sangue periodiche, alle diete o ai trattamenti estetici, prendiamoci cura anche della nostra psiche, esercitandoci in quell’attività che, da sempre, ci contraddistingue: cambiare noi stessi.

Prof. Claudio Tarditi